AMO IL CHIAROSCURO di SANDRA GUDDO-rec. GIOVANNA SCIACCHITANO
Sandra Guddo, già autrice affermata di tre opere di narrativa: Tacco Dodici, Le Geôlier e Ciciri, si presenta adesso ai lettori con la sua prima raccolta di poesie dal titolo Amo il Chiaroscuro, edita da Edizioni del Riccio, dimostrando con versi intensi e vibranti la grande capacità di svelarci l’autentica essenza della sua anima.
Essenza che testimonia la notevole libertà spirituale che la caratterizza da sempre. Un meritato plauso va dunque a questa scrittrice eclettica che, pur nella sua molteplice attività culturale, riesce ad essere coerente col suo pensiero più profondo e riversa nella sua poesia un messaggio etico di speranza che coinvolge la realtà tutta. Per questi motivi l’autrice ha sentito forte la necessità di suddividere le sue composizioni in quattro sezioni che diventano fulcro, elemento centrale da cui partire per affrontare tematiche, come dice la stessa Autrice, che “si muovono tra chiaroscuri nel tentativo di intercettare il malessere dell’uomo in generale e in particolare della donna e dei giovani del nostro tempo”.
La poesia di Sandra Guddo assume dunque nel respiro del verso libero e nel linguaggio lirico connotazioni ben definite. Tutte e quattro le sezioni che hanno titolo Delle Donne, Dei Giovani, Del nostro tempo o Della Globalizzazione e Del Mio Tempo sono presentate dai precisi bozzetti della brava Viviana Carollo, studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Palermo e vincitrice di una borsa di studio alla scuola Superiore di Fumetti di Palermo. I bozzetti aprono all’argomento che la poetessa vuole trattare e offrono una prima traccia emozionale del contenuto, contenuto che si articola e si armonizza con la sonorità del verso e con le scelte lessicali che testimoniano un’accurata attenzione ai campi semantici espressi. Mi piace assimilare, per le poesie di Sandra Guddo, il campo semantico a quello associativo che cerca di riprodurre la forma del pensiero mediante parole appartenenti a più campi semantici pur rispettando una iniziale parola-guida che è la parola Amore. Infatti il leitmotiv della raccolta Amo il Chiaroscuroè l’amore, un amore che è privazione di morte, a-mors con alfa privativo e il termine latino mors che vuol dire morte. Sandra Guddo, dunque, attraverso le sue poesie ci porta in un mondo dove il desiderio più grande è proprio l’assenza di morte, è la speranza, è la forza d’animo, è la vita. La scrittrice fa un’operazione letteraria notevole, non scivola nella banalità, ma attraverso la legge del contrappasso introduce il lettore nelle varie problematiche per poi farlo arrivare attraverso la riflessione alla bellezza della vita e a muoversi in questa direzione. Ecco allora che accanto ai versi che parlano di violenza sulle donne, di guerre, di giovani sbandati e di “una società globalizzata che tenta di cancellare in ogni modo la peculiarità di un popolo” troviamo versi che rimandano a fiduciose possibilità.
“Succedono le cose poi succedono
e i giorni corrono veloci
e i sogni danzano sopra le nuvole
e sopra tavole che sanno di mare…” (da Posso portare qui altri?)
Nella prospettiva di un oltre, dice l’autrice, “una sottesa speranza aleggia tra le varie rime, nell’attesa escatologica di una dimensione altra”. E così la Guddo evoca stati d’animo e sentimenti che aprono al bisogno di serenità e di gioia e alla necessità di pace nel mondo. La sua poesia diventa strumento attivo per una società che deve aprirsi all’amore universale ed ecco che i suoi versi ci guidano attraverso le quattro sezioni e ci mostrano le svariate condizioni emotive in cui per prima si trova la stessa autrice quando scrive DEL MIO TEMPO. Con la poesia Isabella Sandra Guddo sembra consegnare al lettore la sua dichiarazione di poetica e anche se è dedicata alla nipotina possiamo farne tesoro tutti noi.
“Quei soldatini son caduti
nelle battaglie per la vita,
altri ne verranno ad illuminare il tuo sorriso
su quel visino di pasta reale
dove splendono
profondi come il cielo i tuoi occhi spalancati
sulle meraviglie del mondo…” (da Isabella)
Le meraviglie del mondo Sandra Guddo non le perde mai di vista anche nell’inquietudine dei tempi bui in cui viviamo e scrive:
“Voglio restare seduta in panchina
soltanto un pochino
mentre i miei pensieri corrono
sui crinali erbosi della fantasia
immaginando un mondo diverso
con lucenti arcobaleni…” (da La Panchina)
Di contro, la scrittrice non distoglie mai lo sguardo attento dalle donne meno fortunate, quelle vittime di violenza fisica e psichica, dai giovani che si lanciano disperati nello sballo della droga o nella tragedia dell’anoressia, molto significativo a riguardo è il bozzetto della Carollo, e anche qui giunge al lettore l’invito dell’autrice a non essere giudici severi, ma a riconsiderare la propria posizione verso questi giovani che hanno la sola colpa di non sentirsi accettati.
“I vostri occhi
dal rimpianto accecati
non scorgono quel che di bello
i giovani hanno da raccontarvi
non conoscete la loro lingua,
nella torre di Babele dove vivete
estranei a voi stessi
ad un presente che non capite…”(da Babele)
L’opera della Guddo si distingue per la ricchezza dei contenuti e per l’efficace e incisiva trasposizione poetica dei problemi sociali che affliggono il mondo ormai globalizzato e oserei dire ammalato nelle mutate forme di comunicazione interpersonale.
Comunicazione interpersonale che è alla base della solidarietà e dell’amore universale. Valori morali raggiungibili solo con “l’aver cura dell’altro”, cioè con l’attenzione, l’ascolto e l’empatia, così come ci insegna la filosofa dell’educazione Nel Noddings nelle sue trattazioni sull’etica della cura e come ha ben individuato e rilevato la stessa Sandra Guddo regalando al lettore non solo versi ben fatti, ma soprattutto versi di raffinata analisi introspettiva e versi che testimoniano uno studio socio-antropologico notevole. In ultima analisi si avverte in tutti i versi della poetessa un profondo desiderio di vivere con coraggio tutti gli accadimenti della vita, nella consapevolezza dell’emozione che essa suscita.
GiovannaSciacchitano