Il matrimonio in Sicilia tra Ottocento e Novecento Riti e Usanze
di Teresa Riccobono
Giambra Editori
Recensione di Giovanna Fileccia
Ci sono libri che dopo la lettura riponiamo sullo scaffale a prendere polvere; altri che dopo qualche tempo riapriamo per rileggerne qualche brano; altri ancora che ci portano a riflessioni da condividere con altri. Il saggio di Teresa Riccobono appartiene alla categoria di quei libri che tutti dovremmo avere a casa nostra, anzi mi spingo oltre affermando che dovrebbe essere incluso in ogni lista di nozze: un prezioso oggetto da donare alle coppie che vogliano sposarsi oppure convivere. Al suo interno infatti troviamo un’esauriente documentazione sul matrimonio: antiche tradizioni di cui oramai se ne è persa memoria.
Alla lettura del titolo: Il matrimonio in Sicilia tra Ottocento e Novecento Riti e Usanze, mi sono chiesta: Che importanza riveste il matrimonio nella società odierna? e quale evoluzione avrà questa istituzione per le coppie future?
Trovo alcune risposte nella parte finale del saggio: l’autrice infatti nel capitolo “Il matrimonio oggi” con schiettezza e linearità traccia la situazione odierna ponendo l’accento su ciò che le giovani coppie hanno perso e ciò che invece hanno aggiunto a questo evento; inoltre tenta un approccio costruttivo per il futuro invitando le giovani coppie alla consapevolezza. Scrive la Riccobono:
“Lo sposarsi, e farlo bene, è diventato soprattutto al Sud uno status simbol. L’obiettivo primario oggi di una cerimonia nuziale è far restare parenti e amici ammirati del proprio giorno delle nozze. Dall’abito da sposa al trucco, dal bouquet, alle fedi, fino ad arrivare al banchetto, i promessi sposi sono obbligati a sfiorare la perfezione per rendere originale, unico e veramente personale il giorno del fatidico sì” (pag. 123). E ancora prosegue l’autrice: “L’essere consapevole rappresenta una strada da intraprendere per rifondare il matrimonio, la consapevolezza non è di per sé la soluzione di tutti i problemi, ma essa dà ordine, dà senso, chiarezza al nostro vivere, è la base su cui poter intraprendere la ricerca per diverse, possibili soluzioni. La consapevolezza di esserci dentro una relazione coniugale è di fondamentale importanza per vivere il quotidiano, mantenendo costante un orientamento di fondo e restando guida di noi stessi. Oggi siamo diventati esperti di un linguaggio tecnologico e analfabeti sul piano emotivo e affettivo.” (pag. 124)
In questo contesto, da parte mia, non ci saranno riscontri o chiarimenti né riguardo al presente, né tantomeno riguardo al futuro del matrimonio. In verità mi sento di esternare comprensione, considerazione e un rispetto fuori dal comune per le giovani coppie di oggi. Per loro niente è facile: la realtà traballante in cui vivono è evidente a noi tutti. Basta scavare appena per trovare giovani con la paura del domani, l’incertezza del lavoro, l’insicurezza dei sentimenti; e che dire della solitudine individuale che, nonostante lo stare in coppia, porta tanti a chiudersi in se stessi? Questi e altri elementi disturbatori contribuiscono non poco alla costruzione di un cammino comune fatto d’amore, comprensione e tolleranza.
Il saggio di Teresa Riccobono ci è utile per evidenziare quanto i tempi siano cambiati. Sì, le epoche si evolvono, le persone pure, le situazioni anche. Niente resta uguale, ma ogni giorno è saldamente ancorato sia a quello precedente che a quello che arriverà.
Dacché ho iniziato a scrivere questo commento, continuano a tornarmi le parole di Gustave Flaubert che già ai suoi tempi scriveva “L’avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge”. Personalmente mi piace immergermi nel presente e proiettarmi nel futuro con la consapevolezza che le mie radici possano trasmettermi quella linfa di valori e tradizioni che, oltre a trattenere la memoria, rilasciano quella vitalità che arriva dal passato.
E dalle vitali radici siciliane nasce il saggio di Teresa Riccobono fonte di nozioni e notizie a cominciare dall’etimologia della parola latina “matrimonium” che, cito testualmente, “suggerisce il principio dell’azione procreativa con l’unione dei due termini ‘mater’ (madre, genitrice) ‘munus’ (compito, dovere) da cui dovere della madre a procreare” (pag. 8).
Teresa ha sapientemente ripercorso la storia delle tradizioni nuziali degli ultimi secoli: il suo saggio “Il matrimonio in Sicilia tra Ottocento e Novecento Riti e Usanze” offre una visione d’insieme che riguarda sia i singoli individui -giovani donne e uomini, e le loro famiglie- che la storia della Sicilia in un panorama generale contestualizzato al periodo che va dall’Ottocento fino ai nostri giorni. Ella ha scavato tra documenti, atti notarili, atti dotali, giornali d’epoca per rintracciare il percorso storico-culturale siculo; ha analizzato testamenti e spulciato il prezioso Archivio storico di Palermo. Ha condotto una ricerca certosina per mettere “in luce alcuni aspetti chiave”: comportamenti, rituali, superstizioni che riguardavano tanto le fanciulle quanto le famiglie e gli aspiranti mariti.
Diviso in ventuno capitoli, il saggio scritto da Teresa ha il pregio di fare vivere al lettore gli eventi e le tradizioni del passato con una partecipazione, oserei dire, diretta. Ella infatti, attingendo ai documenti redatti dagli illustri che vissero in quei periodi storici, riesce a trasportare il lettore, in questo caso me, all’interno dei riti e usanze tanto da avvertire molti sentimenti: dalla nostalgia per i valori ora perduti, all’evidente scomparsa di alcune tradizioni come per esempio quella di ricamare o cucire la propria dote nuziale; dal disappunto per la condizione di sottomissione delle donne, al sollievo dei diritti riconosciuti riguardanti per esempio il divorzio; ma anche tenerezza nel notare l’ingenuità che era propria di quel periodo: un esempio ben nutrito la saggista lo rivela soprattutto nel capitolo “Pronostici e divinazioni”.
Uno dei capitoli più articolati riguarda il corteggiamento tra le cui pagine Teresa racconta anche un’usanza tipica di Terrasini, luogo in cui io risiedo. L’autrice scrive:
“Il giorno di Pasqua a Terrasini, paese in provincia di Palermo, ricorre un’antica tradizione, ‘La Festa di li Schetti’, una gara con la quale il giovanotto schettu (scapolo) dimostra la sua abilità e la sua forza fisica in modo da impressionare la ragazza dei suoi sogni ed arrivare a conquistarne il cuore. Per far ciò egli solleverà un albero di arancio amaro del peso di cinquanta/cinquantacinque chili e, mantenendolo alzato ed in equilibrio con una sola mano, lo farà roteare più tempo possibile, dimostrando la sua forza e la sua virilità.” (pag 42).
Faro Lo Piccolo nel suo libro “All’ombra dell’albero più bello” (Ed. Simposium 2012) attribuisce a La Festa di li schetti origini ebraiche: egli sostiene che inizialmente al posto dell’albero di arance amare, venisse ‘alzato’ l’albero di cedro perché il cedro era il frutto che rappresentava il ‘cuore di Dio’. Tuttora il rituale si svolge ogni anno a Terrasini così come descritto dall’autrice ma, nonostante mantenga vive alcune simbologie, ha assunto negli ultimi tempi una spettacolarizzazione a uso e consumo dei turisti con la conseguenza che più gente ha riempito strade e piazze, più si è perso per i terrasinesi il senso originario riportato da Teresa Riccobono:
“L’alzata dell’albero alla zita è assimilazione dell’umana esistenza alla vita vegetale, la pianta innestata è pronta per svilupparsi e sostenere specie affine a dare i frutti, così come lo schettu è pronto a sostenere una famiglia con figli.” (pag. 44)
Ho apprezzato molto lo stile sobrio e raffinato ma, allo stesso tempo scorrevole, chiaro e diretto: denota il desiderio da parte dell’autrice di rendere fruibile per tutti il suo lavoro che è sicuramente frutto di una passione per il sapere e per le tradizioni siciliane. Solo se mossi da una grande passione si può portare avanti un lavoro cosi minuzioso e ricco di dettagli: infatti il saggio di Teresa “Il matrimonio in Sicilia tra Ottocento e Novecento Riti e Usanze” è ulteriormente arricchito da: fotografie, poesie, proverbi, canzoni, serenate, preghiere, aneddoti, eccetera, rintracciati in quei documenti storici a cui si accennava pocanzi e che portano le firme di illustri fotografi, scrittori, studiosi e antropologi tra cui Giuseppe Pitrè, Amabile Guastella, Ernesto De Martino e ancora Andrea Camilleri, Anna Santoro e tanti altri.
Ogni capitolo del saggio della Riccobono è interessante, ella ha analizzato ogni aspetto socio-culturale del matrimonio: dalle superstizioni, alla serenata; dal banchetto nuziale, all’arrivo a casa degli sposi; dall’abbigliamento della sposa, alla prima notte di nozze; dall’importanza che rivestiva la foto ricordo, al rituale dei balli tipici come la contradanza. E ancora Teresa ci affascina riportando curiosità che riguardano per esempio la modalità in cui le donne comunicavano messaggi coi loro ventagli, oppure l’origine del detto ‘Luna di miele’, o del perché l’abito della sposa è bianco, o ancora del significato che riveste la torta nuziale introdotta in tempi recenti al posto dei dolcetti tipici siculi.
Sono d’accordo con l’autrice con quanto afferma nella sua nota introduttiva: “Conoscere la propria storia, conservarne con cura le tracce e i segni rafforza e definisce i caratteri e le identità dei singoli e delle collettività ma, al tempo stesso, crea vincoli di forte aggregazione e appartenenza laddove ciascuno, riconoscendo le sue radici, riesce a scoprire che l’altro le ha in comune con lui.”
Ringrazio molto Teresa Riccobono, ho trovato il suo saggio ricco di informazioni da custodire con cura e tramandare alle generazioni del futuro come racconti di vita vissuta che oggi, proprio perché scomparsi, hanno quasi il sapore e il valore della fiaba.
E se è vero che come scrisse Cesare Pavese: “Solo ciò che è trascorso o mutato o scomparso ci rivela il suo volto reale” è anche vero che l’autrice ha colto ogni sfumatura del passato e l’ha analizzata per noi senza orpelli o aggiunte. A noi la responsabilità di trasmettere ai nostri figli e nipoti l’amore per la nostre radici sicule perché tutto muti ma nulla scompaia.
E concludo con un’immagine poetica che ho scritto come augurio per il futuro:
La Sicilia:
un albero dalle radici profonde
dal tronco possente
dai rami floridi e
dai fiori variopinti…
affinché l’albero cresca e
i suoi frutti siano ricchi di
semi da ripiantare.
Giovanna Fileccia