TERESA RICCOBONO
Sulla porta
Gradita sorpresa ebbi il pomeriggio del 26 ottobre 2016, quando dalla porta dell’Aula Magna del Liceo Scientifico Cannizzaro, dove l’Ottagono Letterario presentava il mio libro La Giostra dorata del Ragno che tesse, vidi entrare una donna bionda dal bel sorriso. Una donna con la quale, pochi mesi prima, avevo scambiato poche parole mentre attendevamo l’inizio della cerimonia di premiazione del Concorso Sicilianamente. In quell’occasione poche frasi furono per me sufficienti: sentii a pelle che tra di noi avrebbe potuto esserci sintonia. Perché? Non so, so che questa percezione la devo semplicemente al mio istinto. Quel pomeriggio al Cannizzaro occhi limpidi mi hanno guardata, salutata e io di rimando le ho sorriso. Teresa è rimasta fino alla fine della presentazione, ha avuto per me parole gentili e poi, a sorpresa, mi ha donato un suo libro che ha un titolo sospeso tra il selciato e lo stipite; un libro il cui titolo invita a entrare dentro una ‘casa’ costruita con versi poetici: “Sulla porta”.
Ho rigirato la creatura di Teresa Riccobono tra le mani per settimane ma senza aprirne le pagine, come un dono prezioso che non vuoi aprire per non sciuparne la confezione. Poi mi sono decisa: ho iniziato a leggere le poesie di Teresa e a poco a poco mi si è rivelata la sua delicata e intensa interiorità.
Colta, intelligente, sensibile: tre aggettivi per descrivere come, secondo me, ella è. poco, certo, eppure tanto se si considera che la mia opinione parte dai suoi stessi versi che raccontano di colori intensi: pennellate a olio che difficilmente si asciugano nonostante siano lì, in bella vista sulla porta, sull’uscio di casa, ne è un esempio la poesia Note di carnevale un bel quadro dipinto da ricordi ancora vivi in cui lei tornerebbe volentieri bambina per indossare ‘uno scialle a rete su una lunga gonna a fiori’.
Sulla porta Teresa si appresta e attende che qualcuno bussi, sta a lei decidere se aprire o meno. E Attesa è una poesia dai versi lineari nei quali l’autrice lì, in quel viale con quattro ‘alberi scomposti un poco dal vento’, affida ‘al primo passo ancora da fare’ tutto il cammino ancora da percorrere.
Una poesia al femminile questa di Teresa Riccobono come peraltro si può leggere nei versi finali di Reticolo d’amore dove emerge tra le metafore un atto ai danni di una giovane ragazza (forse infibulazione? O un atto sessuale?)
Intrisa di nozioni di storia, di geografia e arte greca, la poesia di Teresa (in particolare in Separazione) denota la razionalità che sfocia in un bisogno di cui forse ella non è del tutto consapevole: sembra che per l’autrice sia importante il pieno contatto con la terra, ella ha necessità di sapere dove si trova, di sapere cosa fare, cosa pensare. Nelle poesie Tregua e C’è ancora tempo per il mare, riesco a visualizzare la poetessa al centro del tempo che le scorre accanto, la vedo mentre tutto si muove ma lei, come una spettatrice, lascia correre il tempo…
Metafora dell’attesa è anche la sediola azzurra posta davanti l’uscio chiuso, quasi un invito che mi sento di accettare perché in verità mi piacerebbe molto che la copertina del libro avesse Sulla soglia un’altra sedia: eccoci io e te, Teresa, davanti la porta di casa, sedute accanto, i capelli vicini e le mani in movimento. Sì, mi piace avviarmi al finire di questo mio breve commento con un’immagine: eccoci io e te mentre parliamo, discutiamo e ridiamo, due donne che si conoscono appena ma che nella poesia si riconoscono amiche.
E un’ultima scia di struggimento mi arriva da Sulla soglia: poesia che apre il volume e che dà il titolo al libro. Lì tra quei versi trovo il desiderio di Teresa di pronunciare parole non ancora dette, ascoltare suoni non ancora ascoltati; eppure la consapevolezza del rosso, che rappresenta la parte più intima, il segreto di quelle radici profonde che solo ella conosce perché depositarie dei suoi ricordi, la consapevolezza del rosso, dicevo, la invita a varcare quella soglia, girare la chiave e aprire la porta chiusa: ora finalmente aperta…
Giovanna Fileccia.