Visita al Palazzo di Maredolce

Escursione di mercoledì 06/04/2022 al Palazzo Maredolce o Castello della Favara

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Il palazzo, impropriamente detto “castello” di Maredolce o Castello della Favara (da Fawwarar la sorgente d’acqua ) fu edificato probabilmente nel periodo arabo tra il 998 ed il 1019, durante il governo dell’emiro Kalbita “Ja’Far II” e faceva parte di un qasr, ovvero una cittadella fortificata situata alle falde di monte Grifone (così chiamato poiché, fino agli inizi del XX secolo, tra le rupi della cima nidificava una colonia di grifoni) probabilmente racchiusa entro una cinta di mura, che oltre al palazzo comprendeva:

  • un hammam (complesso termale in cui i musulmani effettuano i ghuṣl, o lavacro maggiore, o i wuḍū o lavacro minore, per conseguire la ṭahāra, o purità rituale, indispensabile per poter poi adempiere all’obbligo canonico della ṣalāt (preghiera) giornaliera)

  • e una peschiera (una vasca di grandi dimensioni, in genere realizzata in muratura o tramite scavo, che assolve alle esigenze legate alla raccolta e alla distribuzione delle acque.

Nel 1071 il castello fu conquistato dai re normanni, a cui piacquero la posizione e l’organizzazione del complesso architettonico, ed in particolare con Ruggero II, il castello subisce un vasto intervento di trasformazione e di ampliamento, diventando così uno dei “solatia regis”, luoghi di delizia dei sovrani normanni.

L’edificio così trasformato era immerso in un grande parco, caratterizzato da numerose specie arboree, corsi d’acqua ed animali esotici, dove Ruggero II si dilettava nella caccia e che era circondato per tre lati da un grande bacino che aveva al centro un’isola a forma di Sicilia rovesciata di circa due ettari di estensione. Il bacino venne ottenuto grazie a una diga composta da blocchi di tufo, che interrompeva il corso della sorgente del monte Grifone. un lago artificiale che veniva navigato dal re e dalla sua corte per soddisfare i loro momenti di piacere personale e che per le sue grandi dimensioni prese il nome di “Maredolce”, nella quale furono immessi, provenienti da diverse regioni, pesci di svariate specie e usato come riserva di pesca

Nel XVI secolo la sorgente si prosciugò, e la peschiera divenne una fertile area agricola ancora oggi esistente e coltivata per la maggior parte ad agrumi e che costituisce parte di quel poco che è rimasto della famosa Conca d’Oro.

Il palazzo che originariamente doveva svilupparsi, con due elevazioni, presenta un impianto di forma rettangolare con una rientranza nell’angolo est, che ne spezza la linearità . Esso possiede al centro un cortile molto spazioso, dotato in origine di un portico con volte a crociera, del quale rimane solo qualche traccia.
Il prospetto principale del complesso è quello di nordovest, l’unico che non era bagnato dalle acque del lago, dove si aprono quattro varchi che consentono l’accesso nell’edificio, il primo immette nell’
Aula Regia, il secondo nella cappella, il terzo all’interno del grande cortile mentre l’ultimo ingresso è tamponato. In questa parte del castello, che oggi troviamo in miglior stato di conservazione, si trovavano gli spazi destinati alla rappresentanza, mentre gli ambienti privati erano disposti lungo i lati meridionale, orientale ed occidentale. Sul lato sud un ponte levatoio collegava il castello all’isolotto ed era possibile l’attracco per le piccole imbarcazioni sul lago.


Il
Castello di Maredolce era anche dotato, di una cappella privata che il re volle dedicare ai Santi Filippo e Giacomo (Ecclesiam Sanctorum Philippi et Iacobi de Fabaria). La Cappella palatina che era collocata forse sullo stesso luogo della originaria moschea privata dell’emiro, è formata da una nave unica di forma rettangolare con due campate coperte con volte a crociera e da un piccolo transetto non aggettante che attraversa il presbiterio, che si conclude nell’abside. Il centro del presbiterio è coperto da una piccola cupola semisferica, posta su un alto tamburo ottagonale che si raccorda alla nave mediante nicchie angolari pensili. Nelle pareti si conservano ancora tracce di affreschi. Per la sua impostazione planimetrica mostra i caratteri derivanti dall’unione della basilica cristiano-latina e della chiesa greco-bizantina

Particolarmente amato da Costanza d’Altavilla (1154–1198), nel castello ella  trascorreva l’estate con il piccolo figlio Federico che, da Federico III di Sicilia, dona il castello ai Cavalieri Teutonici della Magione, con i quali la costruzione assume probabilmente prima una funzione difensiva testimoniata dalla presenza delle feritoie strombate e poi una funzione di ospizio/ospedale, utilizzando le acque termali a fini terapeutici.

Nella prima metà del XV secolo fu concesso in enfiteusi alla potente famiglia dei Bologna cui appartenne fino alla fine del XVI secolo, che vi impiantò un’azienda agricola

Nel secolo XVII passato in proprietà del duca di Castelluccio Francesco Agraz, mantenne la stessa funzione, fin quando tra il 1777 e il 1778 si ridusse a caseggiato agricolo

Negli anni successivi l’edificio cadde in abbandono, le sue strutture andarono in rovina, e tutto il complesso cadde nell’oblio al punto che fu utilizzato come ricovero di animali e di abusivi meritandosi l’appellativo di “Castellaccio”.
Acquisito infine dal demanio regionale, la Soprintendenza ai BB.CC. e AA. di Palermo fu oggetto di un esteso e impegnativo restauro in cui fra l’altro
sono stati recuperati alcuni esemplari di formae e cantarelli, contenitori di terracotta utilizzati per la lavorazione dello zucchero, che testimoniano l’esistenza di coltivazioni di canna da zucchero, e di un piccolo stabilimento industriale (un vero trappeto) per la sua lavorazione.

Il restauro dei complesso è stato avviato nel 1990 e nel corso degli ultimi due anni è stato reso quasi del tutto esecutivo l’esproprio delle numerose costruzioni abusive che si addossano o circondano il castello per cui i lavori sono ripresi a pieno ritmo. Il progetto ambizioso prevede, oltre il restauro, anche il ripristino del lago e la creazione di un parco in modo tale che il complesso possa costituire una occasione di riscatto culturale ed economico per il quartiere e per tutta la città.

Le foto sono state realizzate da Rita Grimaldi 

L’articolo é di Diana Oretano

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