Enzo Siviero: la storia di un Ponte a cura di Sandra Guddo. Convegno organizzato da UNIPOP il 22 gennaio 2020
CONVEGNO DEL 22 GENNAIO A PALERMO
STORIA DI UN PONTE
Il VIADOTTO POLCEVERA DI GENOVA
A cura di SANDRA GUDDO
ENZO SIVIERO
Le pietre parlano e ci raccontano la loro storia e quella degli uomini che sono entrati, nel bene come nel male, in relazione con esse. E cosa ci narrano le pietre del ponte Morandi, rovinosamente e misteriosamente crollato in una calda giornata estiva?
Era il 14 agosto del 2018 quando è avvenuto il crollo parziale del ponte sul Polcevera di Genova, più noto come ponte Morandi dal nome del suo costruttore Riccardo Morandi, stimato ingegnere che ha dedicato la sua vita ai ponti.
Quelle pietre tacciono ma sarebbe più opportuno dire che sono state messe a tacere: non hanno più nulla da raccontare perché giacciono mute nell’area sottostante insieme ai palazzi e alle altre costruzioni abbattute in seguito a decisioni prese dall’alto che risultano incomprensibili ai più.
E certamente lo sono per l’ingegnere Enzo Siviero, uno dei più noti conoscitori di ponti al mondo!
Tante domande senza risposte, tante ipotesi che ormai non è più possibile verificare perché le pietre giacciono inermi come soldati, senza nome, caduti in battaglia. Sembrerebbe che, come in romanzo poliziesco, siano stati eliminati tutte le tracce e gli indizi utili per individuare il colpevole.
Enzo Siviero, con un manipolo di esperti nel settore, ha posto interrogativi che sono stati obliati, rimbalzando contro il muro di gomma di uno sconcertante silenzio che alimenta dubbi in assenza di risposte certe e chiarificatrici tardive ad arrivare. Tutti ciò reso possibile da un’accurata operazione mediatica, complice di una classe politica che ha messo in evidenza il suo lato più oscuro.
Sì! Perché non consentire alle voci, anche le più autorevoli, di esprimersi nell’interesse della collettività, è un atto inaccettabile che crea sospetti sulla condotta di chi ha deciso perentoriamente la demolizione totale del ponte Morandi, ponte che avrebbe potuto essere curato, sanato e restituito, in poco tempo e con una spesa ridotta, alla città di Genova e ai suoi abitanti.
Di questo e di molto altro si è parlato a Palermo durante il convegno che si è svolto il 22 gennaio 2020 nella magnifica aula Damiani Almeyda dell’Archivio Storico Comunale in San Nicolò da Tolentino. Il convegno, su iniziativa di Marcello Arici, Pippo di Liberto e Antonio Licata, è stato organizzato dall’Università Popolare di Palermo, meglio nota come UNIPOP, con il patrocinio dell’Università telematica eCAMPUS, di cui Enzo Siviero è il rettore, e dell’Ordine degli Ingegneri di Palermo con la presenza del suo presidente l’ingegnere Vincenzo Di Dio. Un convegno, durato oltre due ore, in cui il relatore, Enzo Siviero, anche attraverso l’ausilio di immagini, ha esaminato con puntualità tutte le fasi del crollo del ponte sul Polcevera, definita una “Tragedia nella Tragedia”.
Certamente una tragedia perché è costata la vita a 43 persone, perché ha colpito un’intera comunità creando enormi disagi di viabilità in tutta la città di Genova. In particolare, ne hanno subìto le tragiche conseguenze gli abitanti della Val Polcevera, trasformati, come per un crudele maleficio, in sfollati. Ben 566 abitanti delle abitazioni sottostanti sono stati risarciti con somme più che adeguate affinché abbandonassero le loro case, danneggiate o pericolanti, per trasferirsi altrove, senza che ci fossero manifestazioni di protesta: tutto nell’assoluto silenzio e con una rapidità sorprendente per un paese che non brilla di certo sotto tale aspetto.
Ma la tragedia riguarda non soltanto le povere vittime con i loro familiari e la città di Genova nel suo complesso, ma il ponte stesso che è stato fatto brillare interamente decretando la fine della sua esistenza. Un ponte non è soltanto oggetto ma è anche soggetto, chiarisce Enzo Siviero nella sua appassionata dissertazione. Ha un’anima, vive, congiunge, unisce e ama. E’ la metafora stessa della vita e dei suoi più alti ideali: è simbolo di pace e di speranza. E’ Amore!
Invece, con un’operazione che ha avuto inizio nel febbraio del 2019 per concludersi nell’agosto dello stesso anno, il ponte Morandi è stato demolito con una quantità impressionante di esplosivo, lasciando per terra tonnellate di macerie: ben 250.000! Ciò a dispetto dell’ambiente e della sua salubrità, senza curarsi del diffondersi nell’aria delle polveri sottili, delle tracce di amianto, della congestione del traffico cittadino reso ancora più caotico per la presenza di automezzi addetti allo smaltimento delle macerie. Su questo ulteriore disagio, a cui i genovesi sono sottoposti quotidianamente, la stampa e le televisioni locali e nazionali non hanno speso molte parole, non hanno dato spazio mettendo in soffitta quello che dovrebbe essere il vero spirito del giornalismo e del dovere di cronaca.
Sembra che un fitto velo nero sia stato gettato sul crollo del ponte già dal suo primo momento con la collusione del quarto potere che ha fatto il resto! Se informazione c’è stata, essa ha utilizzato la comunicazione come strumento di persuasione occulta che è peggio della disinformazione: è la mistificazione di quanto realmente accaduto.
E’ abbastanza curioso infatti che non esista un solo video che riproduca interamente il crollo del ponte: solo immagini parziali e stigmatizzate. Persino le telecamere di Autostrade in quella mattina del 14 agosto erano in blackout. Incredibile fatalità!
La demolizione/ ricostruzione, proposta senza contradditorio dall’architetto Renzo Piano, appare una decisione che rivela il vero volto di una classe dirigente che trascura non soltanto il danno ambientale ma anche quello erariale. Un’equazione spaventosa che costerà agli italiani circa 300 milioni di euro per la costruzione del ponte di Renzo Piano con tempi certamente non definibili a fronte dei progetti di risanamento, presentati non soltanto dal nostro relatore ma anche altri arditi giovani ingegneri, la cui spesa si attesta attorno ai 100 milioni e con tempi brevi di realizzazione. Una politica dunque miope che si arrende, che non cerca soluzioni alternative, che non propone ma dispone.
Dispone la distruzione!
Una decisione frettolosa, sottolinea Enzo Siviero, che non trova spiegazioni plausibili a meno che essa nasconda interessi di parrocchia, anteposti agli interessi della collettività. Potrebbe celare macchinazioni che hanno come oggetto guadagni facili e illeciti per coloro che, in qualche modo, ne sono coinvolti. Un clima inquietante in un paese in cui difficilmente si sono trovati i veri responsabili di tragedie come questa del ponte Morandi; un groviglio di ipotesi difficili da dipanare, un’assenza di chiarezza che rifiuta le richieste di interlocutori capaci come Enzo Siviero che, in nome della verità, continua la sua battaglia incurante di possibili reazioni. Ma neanche queste sono arrivate e persino la Commissione d’inchiesta è stata rinviata. Solo silenzio!
Egli, attraverso dichiarazioni rilasciate a televisioni, tra cui “LA 7”, a giornali e attraverso convegni fatti in giro per tutta l’Italia, continua a porsi e a porre la domanda, sempre la stessa: quali sono le cause del crollo? Forse il sovraccarico? Da escludere se si pensa che nel momento del collasso il traffico era limitato. Potrebbe trattarsi di un fulmine o della concomitanza di cause oppure di semplice fatalità? Ma queste sono opinioni non scienza! La scienza ha bisogno di dati oggettivi e di verifiche sulla base dei dati raccolti. Non è forse questo il metodo di Galileo Galilei, fondatore della scienza moderna?
In modo rigoroso va osservato il fenomeno in questione, vanno raccolti tutti i dati e le informazioni possibili per procedere alla formulazione di ipotesi che andranno confermate o riformulate, per arrivare infine al nocciolo della questione: cioè la spiegazione del fenomeno. In questo caso sul ponte Morandi, costruito nel 1967 da uno degli ingegneri più qualificati al mondo, non è stato possibile applicare il metodo scientifico formulato dal grande scienziato pisano per l’assenza di filmati completi sul crollo da visionare. E’ stata tolta inoltre la possibilità di esaminare e raccogliere prove e indizi sulla salute del ponte o almeno di quella parte crollata perché esso è stato demolito in fretta e furia. Conclusione? niente ipotesi, niente verifiche: nessun colpevole!
E ancora: perché non è stata data alcuna importanza all’autorevole progetto di Enzo Siviero che prevedeva la riparazione del pilone crollato? E per rendere meglio l’idea, riportiamo una frase dell’ingegnere, pronunciata durante il convegno di Palermo, dove afferma: “Se ti rompi una gamba, metti il gesso (…) ci voleva una transazione per passare da un sistema all’altro. E ciò era sicuramente possibile!”
Altri ponti con le medesime caratteristiche sono stati riparati e restituiti alla comunità, migliorati sia in termini di funzionalità che dal punto di vista estetico e nel rispetto dell’ambiente circostante, in armonia con i principi vitruviani di venustas, firmitas e utilitas. Senza contare che un’operazione di ristrutturazione avrebbe mostrato al mondo intero che “in Italia esiste una tradizione sempre viva e di alta qualità nel campo della riqualificazione delle strutture esistenti”.
Con il costosissimo progetto di Renzo Piano, il ponte sarà ricostruito venti metri più avanti, abbandonando le vecchie fondazioni che andavano benissimo. Enzo Siviero si pone altre inquietanti domande: il ponte Morandi poteva essere riparato, dato che le fondamenta sono integre anche del pilone misteriosamente crollato? Perché abbattere i due piloni strallati superstiti e 600 metri di viadotto in ottime condizioni?
A chi giova o meglio, per citare la celebre frase latina, cui prodest?
La celebre frase, in realtà, pone la domanda ma riesce a darsi anche la risposta che per onore del vero, riportiamo: cui prodest scelus, is fecit.
Se così fosse, sarebbe una verità agghiacciante, un’ipotesi azzardata e il solo fatto di concepirla suscita orrore!
Quello che sappiamo per certo è che Enzo Siviero, incarnazione stessa del nuovo umanesimo e del libero pensiero, continuerà a cercare risposte in nome della veritas a cui tutti noi dovremmo aspirare.
Sandra Guddo