Recensione di Maria Elena Mignosi Picone
Sole dentro
di Maria Antonietta Sansalone
a cura di Maria Elena Mignosi Picone
Luci ed ombre, gioia e tristezza sono i poli entro cui si muove l’autrice della silloge poetica, “Sole dentro”, Maria Antonietta Sansalone. Nonostante il titolo, “Sole dentro”, ci lasci intravedere una atmosfera di gioia, pero’ e’ soltanto lo sbocco questo di una situazione originaria, invece, di dolore, dovuta al peso dell’ambiente circostante.
Cosi’ infatti l’autrice confida di essere stata: “Ora isola, ora deserto silente,/ora ruscello trascinato da un torrente in piena. Cosi’ conducevo la mia giovane vita”, “Schiacciata da un vento ostile,/privata della spensieratezza, tra gli ineffabili dolori/patiti in mezzo a gente morta”, “La mia pallida vita/dominata, disdegnata, umiliata/da malefiche figure”.
Pero’ ad un certo momento una svolta: “Il sole dentro”. E’ l’incontro con l’uomo della sua vita, il marito, cui e’ dedicata la silloge, oltre che ai figli e al nipotino. Leggiamo nei suoi versi: “Era lui il tuo sole dalla bionda chioma,/elegante, altero e avvenente”. Lo scenario nel quale avviene l’incontro e’ l’isola di Ustica, “magica isola-dice-terra d’amore”. Nella copertina possiamo ammirare un dipinto della pittrice Evelyn Costa, dove e’ raffigurata in primo piano una donna, in atteggiamento trasognato, e, sullo sfondo, nell’azzurro mare, appunto un’isola. E da questo paesaggio la poetessa non si sapra’ staccare mai piu’, tanto che ella, nativa di Partinico, scegliera’ poi di vivere, assieme al marito e alla famiglia che si formera’, in un paesino di mare, Trappeto, deliziosa borgata marinara. E cosi’ avra’ sempre il “sole dentro”. Questo e’ il titolo, da cui e’ tratto quello del libro, della poesia che apre la silloge, dove troviamo questi versi: “Un carezzevole,/avvolgente sguardo, il tuo sguardo, attraversava i miei silenzi,/il mio dolore muto/e mi accendeva il sole dentro”.
Qui la svolta impressa alla sua vita, come ci conferma con le seguenti parole: “Il mio sogno, carico di attese, ha visto la sua alba”. E’ la rinascita.
Maria Antonietta si compiace nel rievocare l’incontro con l’amato: “Mi vieni incontro…/Oasi di pace…/istanti di infinito/mi raggiungono,/quando silenziose carezze,/si riversano su me/come pioggia”. E lui di rimando: “…dammi la mano e seguimi/ti condurro’ nel bosco./La’ detergerai dal tuo dolore muto i tuoi pensieri,/che ti hanno gia’ roso l’anima”. Sembra il dialogo di un’opera teatrale. E, sempre lui: “Lasciati raggiungere e meravigliare dalla vitalita’ del silenzio”. Sono parole dolcissime e molto profonde che toccano le piu’ riposte corde del cuore. Sono squarci di alta poeticita’ che sembrano riecheggiare quei meravigliosi passi del Cantico dei Cantici, della Sacra Scrittura. “Vieni, amore mio! / Guarda!/ L’inverno e’ passato,/cessata e’ la pioggia:/e’ fuggita lontano! Sbocciano i primi fiori per la campagna…Destati, amore mio, amica mia bella, e vieni”.
Possiamo osservare come anche lui, l’innamorato, si esprime, sia pure attraverso i versi di lei, con eleganza, delicatezza e profondita’ di sentimento. Tutti e due, poi, marito e moglie, diventeranno poeti, e di grande spessore se consideriamo gli innumerevoli e prestigiosi premi di cui sono stati insigniti. La poesia, dunque, sara’ per loro lo sbocco, in campo artistico, del loro amore.
Poesia che fonde insieme ardore di sentimento (“il sole dentro) e paesaggio marino, affetti familiari e natura. Natura percio’ che nella poesia di Maria Antonietta Sansalone si fa un tutt’uno con i moti del suo animo. Indicativi al riguardo i versi che seguono: “Bagnata d’aurora/tra aliti di brezza mattutina,/custodivo il fuoco delle mie emozioni./Le rivelavo soltanto al vento/perche’ le disseminasse/la’ tra gli incantevoli colori/delle albe e dei tramonti della mia terra”.
Natura e amore che suscitano sensazioni di infinito e di eterno che possono albergare princippalmente in un animo poetico: “Solo ai visionari e ai poeti/e ‘dato guardare oltre il caos,/contemplare l’infinito, vivere l’eterno”.
Poesia, questa della nostra poetessa, di grande livello, umano e letterario. La sua e’ la poesia, in particolare, della rinascita. Dalla sofferenza alla felicita’. Ed ella stessa lo chiarisce con queste parole, efficaci ed incisive, vigorose e appassionate: “Immaginami aprire un varco nell’infinito,/sorretta dal vigore del verbo,/e fare entrare di forza/la primavera dove c’e’ l’inverno./Questa sono io, amico,/questa e’ la mia poesia”.
Ora, inoltrandoci nella lettura del libro, ad un certo punto non ci appare piu’ una donna (Maria Antonietta), come l’abbiamo vista fino ad ora, trasognata e romantica, ma una donna energica, forte, veemente anche nelle sue espressioni; pure la tematica cambia: ella ora volge il suo sguardo al mondo e ai mali che lo attanagliano. A prima vista si rimane stupiti e sorpresi, e quasi quasi viene il dubbio che non ci sia unita’ nell’opera. Ma, andando a fondo, scopriamo invece che, nonostante cio’, c’e’ una perfetta continuita’ tra questa e la prima parte. Sotto queste altre poesie infatti c’e’ sempre la stessa Maria Antonietta, c’e’ sempre il suo stesso spirito, che e’ quello che la ispira. Non cambia niente. C’e’ sempre la Maria Antonietta che ha vissuto sulla propria pelle l’angoscia causata dalla cattiveria e dall’egoismo, dalla malvagita’ umana, c’e’ la Maria Antonietta che spera e si salva. E allora prendiamo i migranti. Non e’ la stessa la loro situazione? E coi migranti, i fuggiaschi, i perseguitati, i deportati, gli oppressi, di ieri e di oggi, ed, equiparata a loro, la donna.
“Vita vissuta nel sottobosco la tua./Fitti rami nascondono al tuo sentire la vera vita”; “Echi sinistri di atavica lotta tra Eros e Thanatos (amore e morte),/riempiono la tua madida aria, catturano la tua mente,/ostacolando la tua libera melodia”.
Ma appunto perche’ esperienza vissuta sulla propria pelle, la sua sensibilita’, gia’ di per se’ spiccata, si e’ acuita ancora di piu’, e cosi’ ella diviene fermamente solidale con la donna. La sua percio’ non e’ poesia distante e distaccata, ma profondamente compartecipe alla sofferenza altrui.
Intanto anche il suo acume la porta ad individuare una causa che blocca la donna nel suo bisogno di liberazione. E’ lo spirito da schiavi che porta alla rassegnazione. E perciò esorta: “O donna, spirito in pena,/non abbracciare ancora,/abbandoni, ripulse, dinieghi, ti hanno gia’ ferita” e quasi con veemenza la sprona: “…sciogli i nodi”. “…o mimosa, nascondi la grande forza/di chi cresce su difficili terre,/di chi supera indenne/i giorni bui e tempestosi/dei freddi inverni”, e incoraggia: “…tenace, forte, solare,/irrompi con un’esplosione di colore, annunciando/la ripresa di un nuovo gradevole ciclo/della vittoriosa natura”. E come una madre, una sorella, un’amica, le dice: “Tu hai bisogno di spazio,/hai bisogno di ascolto,/hai bisogno del tuo sguardo libero,/quale aquila in volo”. E percio’ la sprona: “O novella amazzone…E’ scoccata la tua ora…lasciati guidare/dai singolari poteri del tuo intelletto”.
Ma cos’e’ che spesso fa paura alla donna portandola alla rassegnazione? Il cambiamento. Percio’ ancora incoraggia: “Vola verso il cambiamento,/perche’ il cambiamento e’ donna”. E accoratamente: “Rinasci come giorno dalla scura notte” e “Ricorda, l’infinito e’ la’ dove tu risorgi”.
Un altro fattore che Maria Antonietta individua come ostacolo a che la donna esca da queste situazioni penose e opprimenti, e’ la indifferenza. Degli altri, i vicini, i familiari, parenti, amici, che non si fanno carico della sofferenza della donna, vittima e succube; sanno e non muovono un dito, sono al corrente della situazione e non intervengono. Si fanno i fatti propri, e credono di essere nel giusto. Invece l’indifferenza e’ complicita’. Lo esprime chiaramente Maria Antonietta quando parla di “moltitudini di complici indifferenze”. E al proposito mi sembra doveroso soffermarci sulle parole di ringraziamento che Maria Antonietta rivolge verso la zia, che invece indifferente non fu. Riportiamo per intero perche’ la zia merita. “Desidero ringraziare la compianta zia Zina, grande donna e grande maestra, per avermi accompagnato come madre nella mia non facile crescita. Mi hai lasciato in dono la luce della resilienza, che tengo stretta nelle mie mani, quelle che mi stringevano da piccola allorquando il buio aumentava le mie paure e i miei terrori. La percepisco ancora attorno a me gioire quando io gioisco, a sollevarmi quando mi vede triste, a farmi ritrovare sempre la fiducia in me stessa”. Questo poi e’ molto bello e significativo: “Il suo ricordo mi fa essere certa che il mondo non e’ solo una landa deserta di egoismi e cattiverie, e mi da’ la spinta interiore necessaria per andare avanti e continuare a lottare per un mondo migliore”.
Maria Antonietta Sansalone ha dimostrato in questo libro, come lei, nella sua dolcezza, riservatezza e umilta’, sa essere all’occorrenza anche una donna energica e combattiva. Con la tenerezza e la fermezza, proprie di una vera donna.
Del resto ne ha la preparazione pure. E’ stata professoressa di psicologia, storia e filosofia, nei Licei e nella Universita’ nella Facolta’ di Scienza della Formazione; inoltre ha partecipato con i suoi interventi a progetti europei di carattere sociale. E’ la donna che abbiamo visto nella prima parte, trasognata e romantica, dedita alla famiglia e alla poesia, ma e’ anche una donna attenta ed empatica rispetto alle problematiche del mondo, e non esita a partecipare attivamente dando il suo contributo, alla vita sociale.
E’ una donna, in definitiva, che si batte affinché tutti abbiano “il sole dentro”.
Maria Elena Mignosi Picone