Maria Elena Mignosi

Nodi di donne Palma Civello edizioni Drepanum

recensione a cura di MARIA ELENA MIGNOSI

 Oggi presentiamo il libro di Palma Civello, “Nodi di donne”. Già la parola “nodi” ci evoca qualcosa di ingarbugliato, di fastidioso, che viene a turbare la serenità. Così avviene per queste donne, protagoniste del suo libro: mentre la loro esistenza si svolge tranquilla, tutt’a un tratto un imprevisto che sconvolge la loro vita.

La causa di questo sconvolgimento sta nel comportamento del loro uomo: marito, fidanzato o compagno che sia.

E qual è il groviglio? Il tradimento, l’abbandono, l’inganno… Cose di sempre.

L’egoismo, la durezza, l’incomprensione.

Però c’è qualcosa di nuovo in quest’opera, che ora andremo a scoprire.

Intanto diciamo che qui l’autrice ci presenta vari personaggi e varie situazioni, che espone in otto racconti, seguiti ciascuno da una sua poesia.

E innanzi tutto osserviamo come racconto e poesia abbiano un carattere diverso, oggettivo il racconto, mentre soggettiva la poesia; infatti, nel primo i personaggi si muovono, dialogano tra di loro, ma l’autrice non compare affatto, con osservazioni, riflessioni. La poesia invece si riveste di una connotazione soggettiva: l’autrice compare, parlando anche in prima persona, e dalla poesia traspare il suo pensiero. Un po’ come facevano nelle favole latine e greche i poeti Esopo o Fedro quando nella chiusa della poesia, nei due versi finali che cominciavano sempre rispettivamente: “O mutos delòi” cioè “ La favola dimostra”, o Fedro con “Fabula docet”: “La favola insegna”, racchiudevano tutto il significato dei versi precedenti, e trasmettevano il loro pensiero. Quei versi erano come l’epilogo e così è qui per la poesia finale,che segue il racconto, che ha perciò come  funzione di epilogo.

Ora ritornando ai racconti, , le figure femminili e le situazioni sono le più svariate: donne di tutte le età, condizioni e anche nazionalità; c’è pure una donna turca col compagno tunisino. E diversi sono i modi di reagire al colpo loro inferto al nodo che ne ha ingarbugliato la vita.

C’è chi, come la giovane turca, alla fuga del compagno che porta con sé il figlioletto, che non vedrà mai più, soccombe al dolore, prima quasi vaneggiando, fino a che svanisce nel mistero.

Ora la varietà delle protagoniste, con il loro diverso modo di vivere, ci induce al paragone tra passato e presente. Così troviamo una coppia di coniugi anziani, lui marito padrone, lei succube, che ne subisce di tutti i colori ma che non pensa minimamente di lasciarlo, anzi, quel che è peggio, è convinta che è giusto così, quanto meno è normale, quasi che più duro è, più uomo è; convinta che alla durezza, all’arroganza, al sarcasmo non c’è altra risposta che lo stare sottomessa. Nel passato c’erano di queste mogli martiri. E mi viene in mente un episodio abbastanza significativo, fatto vero: una coppia di sposi festeggia le nozze d’argento; tutto bene: cerimonia in chiesa, trattenimento elegante; figli, parenti, amici. Una cornice perfetta. Però una nota stonata: la moglie in segreto confida: “Per me sono stati venticinque anni d’inferno”.

Invece quel che, in generale, risalta in quest’opera di Palma Civello, è il volto di una donna nuova.

Si tratta di donne che hanno subìto il colpo, il nodo che tutt’a un a tratto si è rivelato nella loro vita: il tradimento, l’abbandono, l’inganno. Sono donne vittime, e donne anche fragili, perché già l’essere donna comporta, di per sé, una certa fragilità. Così infatti scrive in una poesia: “Donna mi volle Dio / e non seppi subito il costo / dell’essere senza corazza”. Non sono donne Amazzoni, guerriere. Sono donne comuni, che potremmo incontrare, o sicuramente incontriamo, o conosciamo, nella vita di ogni giorno: madri di famiglia con mille faccende da sbrigare, ragazze in cerca di lavoro, giovani alle prese con problemi di salute.

E alla notizia di situazioni insospettabili, che non avrebbero mai immaginato, rimangono, come è naturale, tramortite; lo sbigottimento, la confusione, lo smarrimento le investe. Sono esseri umani.

Però, non soccombono, non cedono. In uno sforzo immane, si rialzano. E a testa alta, con dignità. La delusione cocente non ha potere su di loro, e hanno la capacità di risorgere dalle loro ceneri.

Donne coraggiose, audaci, che non cedono a compromessi, non disponibili a nessuna soluzione di ripiego.

Questa esperienza anzi fa risvegliare in loro il bisogno di autenticità: o amore vero o niente. E per sempre.

Indicativi i seguenti versi nella poesia “Cerco casa”. Cosa desidera? “…un angolo ridente / che mi accoglie / e mi ripara dal gelo / d’imprevisti assalti” e aggiunge “Lì una luce mai spenta / dovrà ricordare, / di non smettere mai di amarmi”.

Oltre che nell’amore, l’autenticità la cerca nella vera amicizia. Altri versi significativi: “E’ vero: spesso dura tanto il freddo / fino a rendere di ghiaccio / tutto intorno…/ E allora è l’amico / che pur senza parole ti riscalda”. E conclude: “Nulla mai ferirà fino a morire / se ci sarà un amico / che affianca, sostiene / e abbraccia l’anima / compagno mai stanco dei tuoi sogni”. E ritornare a sognare dopo una esperienza così dolorosa, non è facile.

Qui sta il loro ottimismo, la loro speranza. Non si chiudono nell’acredine, nell’isolamento, nel rifiuto.

L’uomo, si sa, è fatto per amare, ma in particolar modo la donna. E poi non è detto che si debba amare necessariamente una persona, si può amare qualsiasi cosa: si può abbracciare una causa umanitaria, ci si può dedicare ad una attività, anche artistica, e così via.

Ancora versi suoi: “Donna di un’era nuova /…/ donna pronta a risorgere per donare amore”.

E’ questa la donna nuova, che Palma Civello, con acume e squisita sensibilità, ha saputo cogliere nei meandri della vita. Nei meandri della realtà.

Ecco a questo punto possiamo osservare un elemento che conferisce unità a tutta l’opera, racconti e poesie. E’ il realismo. Tutti i casi della vita sono presentati per quello che sono, non come si vorrebbe che siano, o piegando i fatti a quello che si vuole dire o dimostrare. Non ci sono pregiudizi o preconcetti. C’è assoluta veridicità, sia nel prospettare i casi sia nella loro interpretazione.

Invece, specialmente qui in Sicilia, si ha la tendenza a coprire. Una volta in una famiglia non si vedeva più il marito e padre. La spiegazione fu: “Ha avuto un posto fuori, lavora nel Settentrione”. E invece si erano separati.

Qui, riecheggiando un po’  Pirandello, non ci sono più maschere ma volti.

Qui si spiattella la realtà così com’è. E questo fa la donna di oggi.

Ha l’audacia di smascherare la doppiezza, di mettere a nudo i sotterfugi. Non ci sta più alla menzogna. Scopre le carte in tavola. Come fa , in uno di questi racconti, di fronte al fidanzato, che era perfetto,  ideale, la fidanzata, o maglio le fidanzate, perché questo bel campione di ipocrisia ne aveva due contemporaneamente!

E l’audacia nel libro viene premiata. Come recita un antico detto latino: “Audaces fortuna iuvat”, “La fortuna aiuta gli audaci”. E li aiuta anche nelle maniere più imprevedibili come in un racconto dove è una banale tazzina di caffè che risolve una situazione intricata che minacciava la donna. E qui fa capolino la docente di Latino e greco. Nelle tragedie greche, gli autori, Eschilo, Sofocle ed Euripide, quando la tragedia era talmente intricata che essi stessi non sapevano più come uscirsene, ricorrevano a un dio, che tutto può, al “Deus ex machina” che spuntava dall’alto e risolveva la situazione. In seguito, Euripide, invece del dio, introdusse anche un personaggio o un evento.

I Greci, essendo pagani, non potevano avere la concezione del premio o del castigo a seconda del merito o della colpa, come è in Manzoni dove Renzo e Lucia, i buoni vengono premiati, e don Rodrigo, il cattivo, soccombe.

Qui però, oltre che al caso fortuito, come per la tazzina di caffè, troviamo anche la concezione cristiana, nel racconto “Questione  di volo”, dove il il persecutore muore, e la donna, che era la vittima, invece trova il vero amore e raggiunge la felicità.

Dai versi seguenti, ora, possiamo osservare un altro aspetto. “Donna gridai allora e rispolverai la forza / di chi vuole riscattare il male / e dolori inaspettati / e si apre da sola strade nuove”. Ecco, soffermiamoci sull’espressione “da sola”. Nei momenti dolorosi viene spontaneo rivolgersi, al Signore, ai Santi. Qui nessuna donna prega. C’è una preghiera proprio alla Madonna che scioglie i nodi. Ma nessuna la invoca. Manca in quest’opera la dimensione del soprannaturale, del trascendente. Dio è messo da parte, la fede è ignorata. Assenza e silenzio. In questo Palma Civello ha colto un altro aspetto della donna di oggi. E in questo altro elemento, oltre il realismo, possiamo rilevare l’attualità dell’opera: l’opera rispecchia appieno la mentalità odierna dove non trova posto il sacro. La donna poggia solo sulle proprie forze, ignora possa avere l’aiuto della grazia divina, forse non sa neppure che cosa sia. Parliamo evidentemente delle donne del libro.

Un altro aspetto,ancora, oltre il realismo e l’attualità, è in Palma Civello il senso di umanità. Già l’avere scelto gli studi umanistici, ci fa capire la sua inclinazione allo studio dell’animo umano. “Studia Humanitatis” li chiamava Cicerone. Infatti quello che qui risalta è l’essere umano: le emozioni, i sentimenti, le passioni; le angosce, i travagli, i tormenti. Questo è il campo entro cui si muove la nostra autrice. Le paure, le fragilità, le debolezze; i pregi, i difetti. E anche i vizi. Tutto il contesto in cui è immwrsa l’opera è tutto ciò che è umano. E a questo punto mi viene in mente il poeta e scrittore latino Terenzio e la sua famosa frase: “Nihil humani alienum a me puto”, “Niente che non sia umano io ritengo estraneo a me”. Palma è su questa scia.

Dunque tre sono gli aspetti che abbiamo rilevato nel libro “Nodi di donne” di Palma Civello: realismo, attualità e umanità.

Il realismo lo possiamo evidenziare anche nel linguaggio. In genere, quando usciamo dagli studi classici risentiamo di un linguaggio piuttosto letterario, che contrasta con quello comune. Ad esempio, invece di dire “Ad ogni passo”, dicevamo “ Ad ogni piè sospinto”, invece di dire “Non mi tocca”, nel senso “Non mi fa né caldo né freddo” usavamo “Non mi tange”. Perchè i nostri professori ci parlavano così. Ebbene qui Palma Civello usa sì un linguaggio colto, ineccepibile, assolutamente corretto, ma che non ha niente di aulico. E’ il suo il linguaggio comune, quello dell’esistenza. Ella si cala nei personaggi parlando come si usa nella realtà ordinaria.

Riguardo alla attualità, l’autrice coglie un aspetto tipico della società di oggi: il laicismo, con l’indifferenza assoluta verso il soprannaturale. Abbiamo visto che questa donna non prega. Ma neanche impreca. In frangenti così dolorosi, anche se non è proprio tanto ortodosso, però un’imprecazione contro il cielo non sarebbe del tutto fuori luogo. Sarebbe giustificabile. Una volta un giovane disse queste parole al Confessore: “Senti, a me di te non me ne importa un bel niente”! E il Confessore gli rispose: “Quello che hai detto a me, tu, mettiti davanti al Crocifisso, e glielo ripeti dieci volte”. Il giovane fece come aveva detto il sacerdote. Mentre ripeteva, tutt’a un tratto scoppiò a piangere. Ebbene, questo giovane si è fatto sacerdote. E il tutto cominciò da una imprecazione! Ma qui non c’è neanche questa reazione. C’è di peggio. L’indifferenza!

E il libro in questo senso si può considerare lo specchio dei nostri tempi. Qui c’è dipinta, c’è un ritratto fedele, della donna di oggi, in genere. Proprio in questo Palma, che è pure pittrice, fa, anche se non con pennelli e colori, un quadro preciso della società di odierna. Laicista, indifferente al sacro.

Riguardo poi al terzo elemento, il senso di umanità, soffermiamoci sulla rinascita di queste donne, sulla loro resurrezione.  Queste donne, avvilite e svilite nella loro dignità, nella loro sensibilità, proprio mentre toccano il fondo del dolore e della sofferenza, ebbene, raccolgono tutte le loro forze e si rialzano. Risorgono. Ma che significa risorgere? Significa, sfrondare la loro anima da tutte le incrostazioni che la esistenza aveva loro procurato, significa lavare le ferite inferte dai loro uomini per recuperare la loro essenza. E’ la loro vera natura, al di là dei condizionamenti che l’avevano alterata, che viene a galla, ed esse con questa recuperano vitalità, libertà, dignità e gioia di vivere. Non è stata una impresa facile, tutt’altro, molto ardua. Ma ci riescono.

Ecco la donna nuova. In tutti i sensi: rispetto al passato, rispetto al loro passato, alla loro condizione di prima. Una donna nuova, dove nuova significa libera e dignitosa.

Perciò questo libro della nostra autrice, alla quale siamo grate come donne di aver messo in luce tutti questi aspetti, spesso passati inosservati, riveste una importanza molto grande, come specchio fedele, come testimonianza storica, del nostro tempo e della donna del nostro tempo.

Noi dunque le ripetiamo riconoscenti grazie, per aver profuso in quest’opera tutti i suoi talenti, di scrittrice nei racconti, di poetessa nelle poesie, di pittrice, sia pure in senso lato, nel ritrarre la donna di oggi, e di aver fatto capolino, qua e là, con la sua professione, che sicuramente avrà tanto amato, di docente di Latino e Greco, di docente di Lettere Classiche.

Oggi Palma Civello è molto apprezzata come artista, nel campo della Letteratura e dell’Arte. I prestigiosi premi lo attestano. E anche in campo nazionale.

Grazie, dunque le ripetiamo ancora.

Maria Elena Mignosi Picone