Il Generale dei Picciotti
di Salvatore Bongiorno
Edizioni Morgana
Recensione a cura di Pippo La Barba
CORRAO E LA RIVOLUZIONE TRADITA
Lo storico Salvatore Bongiorno nel saggio “Il Generale dei Picciotti”( Ed. Margana) tratteggia la figura di Giovanni Corrao, un patriota che pagò con la vita la coraggiosa presa di posizione contro le vessazioni del nuovo Regno d’Italia
La rivoluzione garibaldina prelude a una conquista di libertà del meridione d’Italia e della Sicilia o lascia zone d’ombra, al di là delle rievocazioni agiografiche?
A questa domanda risponde lo storico Salvatore Bongiorno, senza mai scadere nel vezzo di un revisionismo pregiudiziale che fa il paio con la vecchia agiografia. Quella di Salvatore Bongiorno è semplicemente la ricerca scrupolosa di una verità storica che dia una versione completa dei fatti. Il cosiddetto “sbarco dei Mille” in Sicilia non è certamente un episodio casuale, ma il frutto di una azione preliminare a livello locale, sia militare che politica, la quale affonda le sue radici nei moti del 48, che ebbero anche nella nostra isola sponde di riferimento.
Giovanni Corrao, che poi Garibaldi nominerà generale sul campo, è stato un esempio di coraggio, coerenza e di intelligenza politica nel ricucire i rapporti con la frangia rivoluzionaria di un Partito d’Azione disunito. Assieme a Rosolino Pilo preparò con accortezza la conquista garibaldina. Il libro di Bongiorno ha il merito di descrivere, in maniera semplice e accessibile a tutti, alcuni contrappesi che si frapposero alla realizzazione di un’Italia realmente coesa, conforme agli ideali di tanti protagonisti del Risorgimento.
Molti fatti accaduti a partire dal 1860, e anche durante la stessa impresa garibaldina, dimostrano che l’intento dei “conquistatori” non era certamente quello di raggiungere una simbiosi tra Nord e Sud d’Italia, a partire dall’incameramento dei beni ecclesiastici, l’introduzione della leva obbligatoria, che mise in ginocchio l’economia delle famiglie, sino allo smantellamento dell’industria conserviera e della cantieristica, attività floride del Regno borbonico. Ma forse la cosa più grave causata dall’unità fu quella nuova tirannide instaurata dallo stato centralistico sabaudo, che non era certo nelle aspettative di tanti rivoluzionari alla guida di sommesse popolari soffocate nel sangue. Non dimentichiamo che la stessa epopea garibaldina è macchiata da misfatti come per esempio l’eccidio di Bronte.
Successivamente al 1860, chi come Corrao si opponeva, organizzando sommosse, alle vessazioni del Governo, pagò regolarmente con la vita il proprio coraggio. Lo stesso brigantaggio, che attecchì in Sicilia, ma soprattutto in Aspromonte, non può considerarsi un fenomeno eversivo, perché nasce da condizioni insopportabili di subalternità delle classi popolari. Questo clima di tensione in Sicilia trova il suo culmine nella sommossa popolare di Palermo denominata del sette e mezzo, dal numero dei giorni in cui si verificò. Rivolta che costò un cospicuo numero di morti. Un’altra osservazione importante sottolineata da Salvatore Bongiorno è l’acquiescenza, o addirittura la complicità, dei cosiddetti notabili, fenomeno politico vergognoso storicamente denominato “ascarismo”.
Pippo La Barba