Via Paganini, 7
di Myriam De Luca
Recensione di Pippo La Barba

MYRIAM DE LUCA, L’ESORDIENTE DALLO SGUARDO PROFONDO
Myriam De Luca, nel suo primo romanzo “Via Paganini, 7” compone in modo semplice una storia di riscatto. E’ quella di Viviana che, passando da una esperienza di conflitto e di contrasto connotata da una condizione dolorosa, dopo varie vicissitudini, alla fine riesce a trovare una dimensione gioiosa e accettabile dell’esistenza.
Due sono a mio avviso gli elementi che focalizzano la vicenda: il sogno e l’educazione sentimentale.
In fondo i due elementi hanno un nesso che li accomuna. Il sogno è l’ideale, quello a cui i giovani aspirano venendo spesso in rotta di collisione con dure realtà familiari e ambientali. L’educazione sentimentale è ciò che resta di emozionale e personale dopo lo sconquasso dell’era tecnologica, che ha spazzato via sentimenti e ideali.
In Viviana rimane un sostrato di princìpi e valori che le consentono una via di uscita da una condizione di conflitto.
A me il romanzo è piaciuto soprattutto per questo suo appassionato risvolto sociale, che non è didascalico, ma sicuramente ancorato a una realtà omologata e deprivata delle emozioni, dove il rischio di perdere l’identità è sempre dietro l’angolo.
Va dato atto a Myriam De Luca di aver articolato egregiamente, in forma scorrevole e di facile lettura, una trama che ha un’evoluzione naturale, senza alcun artifizio retorico.
Myriam non ha alcun pregiudizio ideologico, ha una purezza non solo di linguaggio ma anche di narrazione. Per esempio quando descrive lo stato d’animo di un gruppo di anziani che rimpiangono Mussolini.
Pippo La Barba