Escursione di mercoledì 11/5/2022
al Quartiere Sant’Erasmo e l’Istituto Padre Messina
La pianura che si estendeva tra le mura orientali di Palermo e il fiume Oreto, dall’estremità meridionale del foro italico fino a Romagnolo era di proprietà della famiglia Chiaramonte, che la coltivava ad orti e giardini. Nel Trecento questi erano i più potenti feudatari della Sicilia e avevano acquistato il terreno per motivi strategici, in quanto si estendeva lungo le strade di collegamento con gli altri centri costieri e interni dell’isola.
Nel 1392 l’area passò al demanio e acquisì il nome di “Sant’Erasmo” per la presenza di una chiesetta quattrocentesca, dedicata al Santo. Il Piano era comunque prima di ogni altra cosa una vecchia comunità di pescatori e marinai. Nel Settecento infatti venne smantellato il porticciolo della Kalsa, in vista dell’ampliamento della passeggiata a mare. Rimasti senza approdo, i pescatori si accontentarono allora, loro malgrado, di usufruire di questo nuovo porto offerto dal viceré duca di Laviefuille.
Dopo i primi aspri scontri coi marinai oriundi di Sant’Erasmo la convivenza tra le due comunità di pescatori si rivelò vantaggiosa e le attività crebbero esponenzialmente. Il mare era pescosissimo ricco di pesce azzurro e tonno rosso, “Calafati” e “mastri d’ascia” erano sempre all’opera sul bagnasciuga per riparare le imbarcazioni mentre i carrettieri si dedicavano a caricare il pescato o scaricare sulla banchina i cordami.
Nel 1684 la chiesetta inserita nell’Astrachello venne incorporata nella casina che i principi Filangeri di Cutò, costruirono in stile impero, casetta estiva del principe Alessandro Tasca di Cutò, nonno di Alessandro Tasca principe di Cutò, noto anche come “il barone rosso”, dove sembra tra l’altro, che nel 1843 avesse soggiornato il musicista Giovanni Pacini, il quale, al suo interno vi compose l’opera in tre atti dal titolo “Maria Regina d’Inghilterra”, che poi venne rappresentata al Regio Teatro Carolino già Teatro dei Travaglini e Santa Lucia di Palermo, l’11 febbraio dello stesso anno.
Intorno al 1896 la chiesa divenne il Teatro Oreto e veniva utilizzata come teatro di marionette e magazzino di legname, e sul finire dell’ 800 l’Arcivescovo Cardinale Michelangelo Celesia assegnò a Padre Giovanni Messina, che aveva chiesto di essere mandato in apostolato in Africa, un particolare apostolato: il piano di sant’Erasmo un popoloso quartiere abitato principalmente da pescatori e artigiani.
Un giorno scoprì vicino al mare dei magazzini malandati attaccati agli “Astracheddi” la casa estiva e abbandonata del principe Tasca di Cutò. Padre Giovanni si rimboccò le maniche e nel giro di due mesi con duro lavoro riaprì al culto la chiesetta che chiamò Chiesa del Corpus Domini, e dedicò il suo massimo impegno ai bambini del quartiere affamati, orfani o abbandonati, Li raccoglieva dai vicoli e dalla spiaggia e si adoperò recuperando e trasportando, tramite una “carrettella” tirata da lui stesso con cui girava per le strade del quartiere, cibo o pezzi di stoffa o tutto quanto potesse servire ai bambini dell’Istituto nonché calce, mattoni tegole, recuperate dovunque si demolisse o costruisse, per la costruzione della Casa.
Nel 1898 gli fu concessa in affitto una parte dell’Astrachello dei Cutò e così poté accogliere anche le bambine che arrivavano all’Istituto e che venivano intrattenute e impegnate in piccole attività di cucito, maglieria e ricamo. La struttura si ingrandiva finché l’8 settembre del 1900 venne inaugurata la “Casa Lavoro e Preghiera per gli orfani e abbandonati” come ancora si legge nella facciata principale dell’edificio.
La miseria a quel tempo era fortissima. Dalla Kalsa alle zone Sud della città, descritte dal prelato come “l’Africa di Palermo”, erano moltissimi i bambini abbandonati ad una vita di stenti, umiliazioni e sfruttamento e grazie anche alla carità di benefattori come i progettisti della scuola del Basile e all’aiuto materiale di uomini e donne del popolo la Casa diventò sempre più grande e accogliente grazie a Padre Giovani Messina che in tutta la provincia di Palermo fu chiamato “il pazzo di Dio” ma anche “l’abusivo di Dio” o ‘u patri’ a seconda di chi fosse a citarlo.
Nel 1920 comprò all’asta la casina dei Cutò e poté costruire il dormitorio.
Il 18 maggio 1949 ricevette l’ordinanza di sospensione dell’Istituto dall’allora sindaco di Palermo, ciò gli procurò un infarto e dopo sei giorni di lotta tra la vita e la morte si spense il 24 maggio dello stesso anno. Venne sepolto inizialmente al Cimitero dei Cappuccini ma dopo sei mesi venne traslato nella Chiesa del Corpus Domini come era stata sua espressa volontà.
Già da anni egli era considerato un santo sia alla Kalsa, il quartiere dove egli nacque nel 1871, che nella borgata di Sant’Erasmo e sembra anche in odore di miracoli ben documentati. Per tutti, valga il caso della bomba d’aereo di vari quintali che, nel ’43, dopo avere perforato il tetto del refettorio dove don Giovanni pranzava con un centinaio di bambini, si fermò al piano di sotto senza esplodere e senza ferire alcuno.
Si racconta anche che Padre Messina disperato per non riuscire più ad offrire niente da mangiare ai piccoli ospiti dell’Istituto che aspettavano il cibo, si recò davanti il ritratto di Sant’Antonio da Padova e adirato si rivolse a lui dicendo “ sti picciriddi un sunnu sulu li me ma appartennu puri a tia” così dicendo girò il quadro rivolgendolo verso la parete ma aveva appena finito di farlo quando una suorina esplose nella stanza gridando che era arrivata una cassa piene di viveri, vettovaglie e denari. Padre Messina chiese scusa al Santo e rimettendo il quadro nella posizione corretta si congratulò con lui per la celerità del suo provvedimento.
Altri originali aneddoti vengono raccontati circa la sua capacità di compiere miracoli,
così nel 1977 viene presentata alla Santa Sede la documentazione per l’apertura del processo di beatificazione.
Negli ultimi decenni del XVIII secolo il Piano subì sostanziali mutamenti con la realizzazione di villa Giulia e dell’attiguo Orto botanico, quest’ultimo sorto nella cosiddetta “Vigna del gallo” di proprietà del Duca di Archirafi. Altrettanto importanti furono la costruzione del Gasometro nel 1861 e la successiva nascita del Deposito Locomotive legata alla linea ferroviaria a scartamento ridotto Palermo-Corleone.
Dal 1949, anno della morte di padre Messina, la casa è retta da una Fondazione e ha continuato a svolgere attività a favore dei bambini grazie alle Orsoline del cuore di Gesù e poi alle Piccole Suore Missionarie della Carità del Don Bosco.
Il Piano “ri sant’Arasimu” trova importanti testimonianze nella stessa pittura siciliana della metà dell’Ottocento. La costa di levante e Sant’Erasmo costituirono un avamposto privilegiato per illustri vedutisti quali furono Francesco Lo Jacono e Francesco Zerilli, ma anche Andrea Sottile e Anton Sminck van Pitloo.
Le foto sono state realizzate da Rita Grimaldi
L’articolo é di Diana Oretano