Visita al Castello della Cuba

Escursione di mercoledì 27/04/2022 al Castello della Cuba

Questo slideshow richiede JavaScript.

Il Castello o Palazzo della Cuba

Insieme alla Zisa, il Castello o Palazzo della Cuba, dall’arabo Qubba, “cupola/arco”, (Corso Calatafimi, 100 ), rappresenta l’architettura musulmana sciita dei Fatimidi in Sicilia.

Fu costruita nel 1180 da Guglielmo II al centro di un ampio parco che si chiamava Jannat al-ard (“il Giardino o Paradiso in terra) /Il Genoardo
, come luogo per il riposo del sovrano nelle ore più calde, divenendo uno dei Sollazzi Regi dei re normanni di Sicilia: un padiglione di delizie, ossia un luogo in cui il Re e la sua Corte potevano trascorrere ore piacevoli al fresco delle fontane e dei giardini di agrumi, riposandosi nelle ore diurne o assistendo a feste e cerimonie alla sera.

L’edificio, che ha l’aspetto di grande scatola muraria semivuota, ha una pianta rettangolare lunga 31,15 metri e larga 16,80 con quattro torri e la sua architettura lascia pensare che fosse stata appunto costruita in modo da accogliere al meglio i venti freschi provenienti dal mare e dal bacino artificiale che la circondava e profondo quasi due metri e mezzo.

L’apertura più grande, sul fronte settentrionale, si affacciava sull’acqua e in corrispondenza di questa sono state ritrovate le tracce del ponticello che collegava il castello alla terraferma, essendo l’edificio circondato da un’ampia peschiera. Il ponticello introduceva in un vestibolo costituito da tre ambienti con la copertura a volta che comunicavano fra loro. Da qui si accedeva a un grande spazio centrale quadrato e scoperto, un atrio con due fontane in nicchia sui lati nord e sud, un impluvium (vasca) centrale, pavimento a mosaico, e quattro colonne poste in corrispondenza dei quattro angoli (analogo all’atrio del piano superiore della Zisa e alla sala dei venti del Palazzo Reale).
Nel lato ovest si apriva l’ampio fornice del
diwan, la sala di rappresentanza.

La sala centrale era abbellita da muqarnas, soluzione architettonica ed ornamentale simile ad una mezza cupola propria dell’architettura islamica, originata dalla suddivisione della superficie delle nicchie angolari in numerose nicchie più piccole.

La data di costruzione e il committente si evincono all’epigrafe esposta in una sala a lato in arabo che tradotta recita “[Nel] nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l’egregia stanza dell’egregio tra i re di tutta la terra Guglielmo II re cristiano. Non v’è castello che sia degno di lui … Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita”.

Rimasto possedimento della monarchia di Sicilia fino agli inizi del XIV secolo, nel 1320 divenne proprietà di privati.

Ritornata al patrimonio regio, nel 1436 Alfonso il Magnanimo la concesse a Guglielmo Raimondo Moncada conte di Adernò, uno dei suoi viceré in Sicilia.

Successivamente il lago fu prosciugato e sulle rive furono costruiti dei padiglioni, usati come lazzaretto durante la peste del 1576. Poi fu caserma per una compagnia di mercenari borgognoni ed infine nel 1921 divenne proprietà dello Stato. Negli anni ’80 comincia il restauro che riporta alla luce le strutture del XII secolo. Oggi dipende dall’assessorato regionale ai Beni culturali

La bellezza del Castello tra le acque e gli alberi che la circondavano, ispirò il Boccaccio, che vi ambientò una delle novelle del suo Decameron: la sesta della quinta giornata. È la vicenda d’amore tra Gian di Procida – nipote dell’omonimo grande eroe del Vespero Siciliano – e Restituta, una ragazza bellissima di Ischia rapita da giovani ciciliani per offrirla in dono al allora re di Sicilia: Federico II d’Aragona.

Anche se, quando Giovanni Boccaccio scrisse il Decameron, era finita l’epoca di una Palermo “felicissima”,  la traccia che aveva lasciato quel periodo di splendore era così luminosa da impressionare Boccaccio ancora diversi secoli dopo.

Contemporaneamente alla Cuba Sottana sorsero nel vasto parco dei normanni la “Cubula” o piccola Cuba, e la “Cuba Soprana

La Cubula

La Cubula (detta anche Piccola Cuba) è un piccolo edificio di pianta quadrata (m.6 x 6) che appare in pietra tagliata a conci regolari, con i suoi ogivali a tre leggermente incassate, di cui quello centrale ha un caratteristico motivo a rilievo, traforato su ogni lato da archi a sesto acuto decorati con fasce bugnate e sormontato da una cupola emisferica di colore rosato tipico dello stile arabo-normanno.

Essa era situata come La Cuba all’interno dell’immenso giardino del Parco del Genoardo che era abbellito da fontane laghetti, alberi da frutti e magnolie e da una serie di chioschetti dei quali sembra che la cubula sia il solo superstite. Altre fonti ritengono invece che la cubula sia stato un unico esemplare presente nel parco e che rimane a testimonianza della dominazione normanna.

Il padiglione, realizzato molto probabilmente da architetti fatimidi in contemporanea alla Cuba, si trova dove un tempo scorrevano le acque che alimentavano il lago Alberira.

Veniva spesso usata come luogo di riposo dal sovrano e dai suoi ospiti e oggi la si trova all’interno del giardino di Villa Napoli che ingloba anche i resti della struttura della Cuba soprana, originariamente nota con il nome di “torre Alfaina”, della quale restano visibili tratti di murature e un arco nel fronte orientale della costruzione.

Le foto sono state realizzate da Rita Grimaldi

L’articolo è di Diana Oretano